domenica 2 novembre 2014

Narciso e Boccadoro - H. Hesse

 "Qualcosa rimaneva che non si poteva esprimere, qualcosa di terribile e anche di prezioso, qualcosa di sprofondato ma d'inobliabile, un'esperienza, un gusto sulla lingua, un cerchio intorno al cuore."


Nel convento di Mariabronn in Germania si incontreranno due figure opposte e complementari: Narciso e Boccadoro.
Narciso, un giovane dotato di doti particolari che ha appena iniziato il noviziato incontrerà Boccadoro, più giovane di  lui di pochi anni, condotto là dal padre. Tra i due si instaurerà subito un rapporto particolare, complice anche una certa attrazione, più spirituale che fisica, dettata dalle loro essenze non ordinarie, anche se così diverse. 
Narciso che si vanta di avere la dote di leggere nell'animo delle altre persone spronerà Boccadoro a lasciare il convento, avendo capito che il giovane era stato mandato là per espiare le colpe della madre, scappata di casa e, di cui aveva quasi cancellato il ricordo. E sempre Narciso, lo inviterà alla ricerca della sua vera essenza che è da artista e non da pensatore, al contrario della sua.

"Tu sei un artista, io un pensatore. Tu dormi sul petto della madre, io veglio nel deserto. A me splende il sole, a te la luna e le stelle, i tuoi sogni sono di fanciulle, i miei di ragazzi."

Anche in seguito all'incontro con la zingara Lisa, inizierà così per Boccadoro un lungo viaggio alla ricerca della madre che rivedrà in ogni donna che incontrerà sul suo cammino, arrivando ad estremizzare la sua ricerca, volgendola alla scoperta della madre primigenia, Eva, generatrice della vita e dispensatrice di morte.
Il suo viaggio non sarà scandito da date o luoghi precisi ma solo dall'alternarsi delle stagioni e dalle descrizioni dei luoghi visitati, per indicarci che il suo viaggio è, prima di tutto, interiore.

Trionfo della morte - Pieter Bruegel

Il viaggio di Boccadoro si farà particolarmente difficile per colpa di una calamità, che ci aiuta a contestualizzare la storia, ossia la peste; descritta magistralmente da Hesse, che la mostrerà nella sua cruda ineluttabilità, descrivendo i cadaveri e la reazione degli uomini divenuti sotto molti aspetti inumani: genitori che abbandonavano i loro figli infetti, i monatti che rubavano dalle case rimaste vuote e che molto spesso, assieme ai morti, seppellivano anche i moribondi. In questo mondo senza più leggi e dominato dalla paura Boccadoro ne uscirà minato nell'animo e nella fede.


Dopo aver a lungo viaggiato, lui e Narciso si rincontreranno, questa volta da pari. L'artista da una parte e il pensatore dall'altra, entrambi dopo aver a lungo cercato la loro vera essenza anche se per strade diverse, riusciranno a dichiararsi il loro affetto rimasto immutato nel corso degli anni. Qui avrà luogo uno scambio interessante di battute tra i due, che cercheranno di comprendere le loro reciproche diversità, con Narciso che afferma di possedere il pensiero puro, ossia di pensare senza rappresentazioni e Boccadoro che, al contrario, vive di immagini. 
Nel penultimo capitolo Narciso riconoscerà l'innocenza dell'arte:
"Il nostro pensare è un continuo astrarre, un prescindere dal mondo sensibile, un tentativo di costruire un mondo puramente spirituale. Tu invece cogli nel cuore ciò che vi è di più instabile e mortale e riveli il senso del mondo proprio in quello che è transitorio. Tu non prescindi da questo, ti dai tutto a esso, e per questa tua dedizione esso diventa ciò che vi è di più alto: il simbolo dell'eternità."

Il libro si svolge come una lunga metafora che si dipana in tre tappe: la dipendenza da Narciso, la vita errabonda e il ritorno. E, alla fine del libro non avremo risposte. Non ci verrà detto quale delle due essenze era la più corretta. Entrambi si scopriranno perdenti ma anche vincitori, in quanto riusciranno a trovare la pace avendo imparato a vivere secondo la natura che più gli era congeniale pur tuttavia non riuscendo a trovare il senso della vita e della morte che tanto andavano cercando. 

IN CONCLUSIONE:

Difficile poter dare un'opinione univoca di questo romanzo che deve, innanzitutto, essere vissuto dal lettore. Le riflessioni e le domande senza risposta che si snoderanno attraverso tutta la storia tramite Boccadoro, sono le stesse che ogni essere umano in cuor suo si pone, prima o poi.
Una riflessione sulla vita e la morte, sull'arte e il pensiero, sulla bontà dell'animo umano e la sua crudeltà in un moto perpetuo, come se l'autore ci avesse voluto mettere difronte all'incomprensibile dualità della vita, in ogni suo aspetto.
Ci sarà anche un'interessante riflessione sulla miopia degli esseri umani dinanzi alle sofferenze degli animali, nel caso specifico dei pesci venduti per strada:

The boy hidden in a fish - David Hockney
"...Alcuni dei quali si arrendevano quieti alla morte, con la bocca dolorosamente aperta e gli occhi d'oro fissi in un'espressione di angoscia, altri invece si ribellavano furenti e disperati. (...) Lo prendeva una viva compassione per quelle bestie e una triste indignazione contro gli uomini; perché  questi erano così ottusi e rozzi e inconcepibilmente stolti e miopi, perché tutti quanti non vedevano nulla, né i pescatori né le pescivendole né i compratori che tiravano sul prezzo; perché non vedevano quelle bocche, quegli occhi spaventati a morte e quelle code che si dibattevano violentemente, non vedevano quella tremenda lotta disperata e vana, quell'insopportabile trasformazione dei misteriosi animali così meravigliosamente belli, che rabbrividivano nell'ultimo lieve tremito sulla pelle morente e giacevano morti e spenti, lunghi e tirati, miseri pezzi i carne per la tavola del ghiottone soddisfatto. Nulla vedevano questi uomini, nulla sapevano e osservavano, nulla parlava loro!"
 
Un romanzo sotto molti aspetti filosofico che, sono certa, porterò a lungo nel cuore.

E voi, lo avete apprezzato? Quali aspetti della storia vi hanno più affascinato?

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giovedì 2 ottobre 2014

SHERLOCK NEI LIBRI E NEI MEDIA, I PARTE

Sherlock Holmes è il più celebre investigatore di tutti i tempi, nato dalla fantasia di Arthur Conan Doyle alla fine del 1800. La mia intenzione di scrivere un articolo esaustivo su di lui mi ha portato ad aprire il vaso di pandora. Sì, perchè come molti di voi sapranno sul personaggio di Sherlock Holmes fioccano film, telefilm e romanzi scritti da diversi autori.
Come potrete facilmente immaginare delineare esaustivamente la figura di Sherlock Holmes è praticamente impossibile. La mia intenzione è di illustrarvi, man mano, i romanzi e i racconti originali comparandoli con il telefilm della BBC uscito per la prima volta nel 2010 intitolato, appunto, Sherlock.
Potrebbero essere delle nozioni utili per chi ha intenzione di iniziare a leggere i romanzi di Doyle oppure per chi vorrebbe guardare il telefilm con delle buone nozioni di base sui romanzi. Oppure, semplicemente, per i fan appassionati come me.


Prima di iniziare l'analisi volevo mettervi al corrente dell'ordine corretto con cui leggere i vari libri e racconti di Sherlock:
1) Uno studio in rosso (A study in scarlet, 1887), romanzo
2) Il segno dei quattro (The Sign of the Four, 1890), romanzo
3) Le avventure di Sherlock Holmes (The adventures of Sherlock Holmes, 1892), volume di racconti
4) Le memorie di Sherlock Holmes (The memoirs of Sherlock Holmes, 1894), volume di racconti
5)  La fiera per il campo (The field bazaar, 1896), racconto
6)  Il mastino dei Baskerville (The hound of the Baskervilles, 1902), romanzo
7) Il ritorno di Sherlock Holmes (The return of Sherlock Holmes, 1905), volume di racconti
8) La valle della paura (The Valley of Fear, 1915), romanzo
9) L'ultimo saluto di Sherlock Holmes (His last bow, 1917), volume di racconti
10) Come Watson imparò il metodo (How Watson learned the trick, 1924), racconto
11) Il taccuino di Sherlock Holmes (The casebook of Sherlock Holmes, 1927), volume di racconti
Più un racconto incompiuto:
12) L'avventura dell'uomo alto (The adventure of the tall man, 1900)

Oggi, quindi, analizzerò "Uno studio in rosso" e la sua controparte televisiva "Uno studio in rosa".

UNO STUDIO IN ROSSO

Il romanzo si apre, come ci dice anche il titoletto ad inizio capitolo, dai "ricordi del dottor John H. Watson ex ufficiale medico dell'Esercito britannico". Sarà lui, infatti, la nostra voce narrante.
Watson dopo essere stato ferito alla spalla durante la battaglia di Maiwand (uno degli scontri più importanti della seconda guerra anglo-afghana nrd) torna in Inghilterra e, dopo un breve periodo trascorso a bighellonare con i pochi soldi di pensione che ricevava, su suggerimento di un suo vecchio assistente decise di cercare un coiquilino con cui poter dividere le spese di un appartamento.
Il coinquilino altri non sarà che Sherlock Holmes ed insieme andranno a vivere al numero 221B di Baker Street. Qui Watson avrà modo di apprezzare sempre più le straordinarie doti deduttive di Sherlock, anche grazie ad un caso che gli si presenterà: un uomo, verrà trovato morto in un appartamento disabitato, senza segni di violenza e senza essere stato rapinato. Come e perché è stato ucciso? E, quel segno appena visibile sul muro scritto con sangue umano "Rache", cosa potrà mai significare? Ci penserà il nostro consulente investigativo a sciogliere il bandolo della matassa o, citando una frase dal libro: "Nella matassa incolore della vita, corre il filo rosso del delitto, e il nostro compito consiste nel dipanarlo, nell'isolarlo, nel metterlo in luce istante dopo istante." (pag.47, Sherlock Holmes, tutti i romanzi. Edizione Einaudi)

Il romanzo è interessante, soprattutto se lo contestualizziamo nel secolo in cui è stato scritto, essendo precursore del genere giallo. In questo romanzo ci viene presentato, più che altro, il personaggio di Sherlock, che impareremo ad apprezzare. Non è certamente un classico giallo moderno e, se questo è quello che vi aspettate, ne resterete forse, delusi. Il ritmo della narrazione è completamente diverso. Nei primi capitoli ci viene presentato il caso e, l'indagine si svolge, tutto sommato, rapidamente ed in conclusione il colpevole stesso ci narrerà la sua storia. Potete capire che il pathos, se è quello che cercate, non è molto presente nei romanzi di Doyle.

Passiamo ora, ad analizzare la prima puntata del telefilm della BBC Sherlock.

UNO STUDIO IN ROSA

Vorrei partire facendovi notare il titolo. Come per tutte le altre puntate del telefilm, storpieranno i titoli originali dandoci delle simpatiche versioni.
Come noterete dall'immagine accanto è ambientato ai giorni nostri e non alla fine del 1800. Ma, vi posso assicurare, non perde in qualità.

In questa puntata vedremo Watson con dei problemi economici, esattamente come nel libro, che lo porteranno alla ricerca di un coinquilino che, suggerito dal suo amico sarà proprio Sherlock. Quello che mi ha colpito è che, benché ambientato ai giorni nostri, Watson è comunque reduce dalla guerra in Afghanistan, quella dei giorni nostri.
Concetto di eterno ritorno di Nietzsche? Con l'idea che, in un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. Sto divagando.

Vorrei porre l'accento sulla descrizione di Sherlock nel libro:
"Già il suo aspetto fisico era tale da attirare l'attenzione dell'osservatore più superficiale. Superava il metro e ottanta di statura, ed era tanto magro che sembrava ancora più alto. Aveva gli occhi acuti e penetranti, salvo in quei periodi di torpore (...); il naso, affilato e aquilino, conferiva al viso un'espressione vigile e determinata. Anche il mento, pronunciato e di forma quadrata, gli dava l'aria di un uomo determinato. Le sue mani erano sempre macchiate d'inchiostro e di sostanze chimiche, eppure possedeva una straordinaria delicatezza nel tatto, come avevo potuto frequentemente notare vedendolo manipolare i suoi fragili strumenti di indagine scientifica." (Sherlock Holmes, tutti i romanzi ed. Einaudi pg.17)

Trovo che la descrizione calzi piuttosto bene all'interprete di Sherlock, Benedict Cumberbatch e, questo, mi ha lasciato piacevolmente deliziata. Unica differenza è il naso, aquilino nel caso dello Sherlock letterario. Tuttavia è un dettaglio trascurabile, giusto?

CURIOSITÀ

Dettaglio che avrà lasciato sicuramente compiaciuti i fan di Sherlock di lunga data, sono le citazioni e frasi prese, quasi, letteralmente dai libri. Stessa cosa si può dire per il violino che lui suona, nel libro e anche nel telefilm. 

Watson e Sherlock appena dopo essere diventati coinquilini avranno un leggero diverbio su un articolo scritto da quest'ultimo. Nel libro era un articolo di giornale, invece nel telefilm, di un blog che Sherlock tiene, la scienza della deduzione (The Science of Deduction).

Veniamo agli altri personaggi. Nel telefilm c'è il detective Lestrade, presente anche nei libri dove però è accompagnato da Gregson, con cui ha una forte rivalità. Nel telefilm hanno accorpato questi due personaggi in uno solo, chiamandolo Greg Lestrade. Una mezza citazione carina, non trovate?
Nell'episodio mai andato in onda invece, ad un certo punto si vedrà Sherlock mandare una email a Gregson. 

Nel primo romanzo non compare Mycroft Holmes. Nella prima puntata sì.

Un dettaglio che mi ha fatto sorridere è il giro di battute sulla parola "Rache". Ricordate? La parola scritta sul muro nel caso del romanzo o sul pavimento nel caso del telefilm. Nel libro Lestrade trova la scritta sul muro e arriva alla conclusione che qualcuno stesse cercando di scrivere il nome "Rachel". Sherlock allora lo corregge dicendogli che Rache in tedesco vuol dire vendetta e di lasciar perdere la ricerca della donna.
Nel telefilm invece Anderson, un medico forense con cui Sherlock avrà spesso scambi di battute interessanti, suggerisce che Rache in tedesco voglia dire vendetta ma sarà subito corretto dal nostro consulente detective che invece gli dirà che bisognerà cercare una donna di nome Rachel. 

Qui a lato, nell'immagine, uno dei miei insulti preferiti. 

Un'ultima cosa, alla fine della prima puntata del telefilm Watson salverà Sherlock, ciò non avviene nel romanzo.

ULTIME CONSIDERAZIONI

Bene, vi ho illustrato nel modo più sintetico possibile le differenze e le somiglianze che ci sono tra il primo romanzo e la prima puntata. Ma, cosa abbiamo capito del personaggio? Chi è Sherlock Holmes? La descrizione fisica ve l'ho già scritta. E non ci dovrebbero essere dubbi in merito. Ma, che carattere ha? 

Nel telefilm viene messo molto l'accento su un suo presunto disturbo antisociale di personalità. Anche se, come ci tiene a precisare lui stesso è un sociopatico altamente funzionante (tradotto liberamente, non so come l'abbiano tradotto in italiano nrd).
Su questa definizione si sono scatenate varie discussioni. C'è chi sostiene infatti che la definizione di sociopatico non vada bene per lui. Quindi, ho rispolverato un mio vecchio manuale di psicologia ed ecco qua la definizione (ovviamente vi riporto solo le parti importanti, se no questo diverrebbe un saggio e non un articolo).

Le persone affette da disturbo antisociale di personalità (DSM-IV) mostrano una modalità di comportamento irresponsabile con scarsa attenzione per i diritti degli altri, per le norme sociali, per gli ammonimenti della coscienza e per la legge.
(...) Quando non ottiene ciò che vuole si irrita e diventa aggressivo, suscettibile e mostra scarsa tolleranza alla frustrazione.
(...) L'antisociale è una persona spesso arrogante ed egoista, abile e veloce oratore, pensa che tutti lo considerino il "numero uno"; prende decisioni d'impulso, irresponsabili e senza tenere conto delle conseguenze; usa fascino e carisma per ingannare, manipolare e raggirare gli altri.

Tratto da "Il libro della salute mentale di Allen Frances e Michael B. First"


Ci sono anche diversi criteri del DSM-IV con cui indentificare questo disturbo, ma non sto ad elencarveli, sappiate che però la descrizione generale è quella che vi ho riportato fedelmente dal manuale.
Ora, se per certi versi la definizione è calzante in altre stride un po' con quello che si può vedere nel corso della serie televisiva. Tuttavia è anche vero che mettendoci "high functioning" gli sceneggiatori si sono salvati in corner perchè potrebbe voler dire che è sì, sociopatico ma che le sue capacità intellettuali altamente sviluppate fanno in modo che sia più normale.

Il primo appuntamento di comparazione tra libro e telefilm è finito. Spero di non avervi annoiato con le mie elucubrazioni ma, sono certa, i fan di Sherlock apprezzeranno lo sforzo. Sono davvero interessata a conoscere la vostra opinione su quell'aspetto della personalità di Sherlock messo in evidenza nel telefilm oppure, fatemi sapere se avete notato qualche altra cosa interessante nella prima puntata in corrispondenza con il libro.
La prossima volta vi parlerò de "Il segno dei quattro", il secondo romanzo di Doyle che però comparirà nella seconda puntata della terza stagione del telefilm di Sherlock. 
The game is on!



mercoledì 6 agosto 2014

COLPA DELLE STELLE di John Green


La malattia non è mai un tema facile da affrontare nella vita quanto nella letteratura. Il rischio di far scivolare la storia in un dramma fine a se stesso, è grande. Ma, in “Colpa delle stelle” di John Green quello che più mi ha colpito è la freschezza con cui la storia viene narrata, rendendola accattivante.

La trama segue le vicende di Hazel Grace, una ragazza di sedici anni che frequenta un gruppo di supporto ai malati di cancro. Infatti, tre anni prima le era stato diagnosticato un cancro alla tiroide poi diffusosi nei polmoni, tenuto sotto controllo da un farmaco sperimentale.
Hazel frequenta il gruppo di supporto controvoglia, su volere dei genitori, fino al giorno in cui conoscerà lì Augustus "Gus" Waters, un ragazzo di diciassette anni a cui è stata amputata metà della gamba per un osteosarcoma. Tra i due nascerà un tenero sentimento, che si andrà sviluppando nel corso della storia, in lotta contro la malattia.
I due si avvicineranno molto anche grazie al libro che Hazel consiglierà ad Augustus, un'imperiale afflizione, libro scritto da Peter Van Houten che tormenterà i ragazzi con il suo finale aperto, che simboleggia la vita e la sua fine repentina.
Ora veniamo alla dichiarazione, dal mio punto di vista, tra le più belle di sempre:

"Sono innamorato di te, e non sono il tipo da negare a me stesso il semplice piacere di dire cose vere. Sono innamorato di te, e so che l'amore non è che un grido nel vuoto, e che l'oblio è inevitabile, e che siamo tutti dannati e che verrà un giorno in cui tutti i nostri sforzi saranno ridotti in polvere, e so che il sole inghiottirà l'unica terra che avremo mai, e sono innamorato di te."

La sentite la forza di queste parole? Sentite come vi colpiscono al petto, lasciandovi senza fiato? Lui la ama, nonostante sappia che è malata, nonostante sappia che lui stesso lo è. La ama anche se il suo amore risulta invisibile al grande universo che li/ci circonda e, con la consapevolezza che tutto l'amore che prova per lei non cambierà il loro triste destino.

Ma questa dichiarazione d'amore può essere estesa, in senso più ampio, a chiunque. Tutti noi, in quanto mortali, lasceremo questa terra e, sappiamo benissimo che tutti i nostri sforzi non ci porteranno in nessun altro posto che in una tomba, ma, nonostante questo, l'essere umano trova la forza di alzarsi dal letto, ogni giorno e, di amare.

Avvertite l'immensità di quelle parole? Io, ne sono rimasta estasiata. Credo sia la dichiarazione d'amore che ho sempre sognato.


Ma il libro passa un messaggio molto più ampio del solo “ama con tutto te stesso perché la vita è breve”. Alla fine, Grace leggerà una lettera, scritta da Augustus e indirizzata a Peter Van Houten che sarà, anche, la parte più toccante del romanzo.


Adoro il concetto espresso alla fine del libro, sempre a rimarcare la nostra piccolezza di fronte all'immensità dell'Universo.
La probabilità che abbiamo di ferire l'universo è pari a quella che abbiamo di aiutarlo, ed è molto probabile che non faremo né l'una né l'altra cosa.

Il titolo del libro, Colpa delle stelle (The Fault in Our Stars) è ispirato dalla celebre frase che Cassio disse a Bruto nell'opera di Shakespeare, "Giulio Cesare""La colpa, caro Bruto, non è delle stelle, ma nostra, che ne siamo dei subalterni"
Nel libro sarà  Peter Van Houten a citare questa frase, aggiungendo anche come Shakespeare abbia sbagliato in quanto è nella natura delle stelle essere avverse
Per dovere di cronaca, ci tengo a precisare che nel libro la frase di Shakespeare è tradotta così: "La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle/ma in noi stessi".

Io consiglio questo libro a chi ama i personaggi reali e, che non ha paura di soffrire per loro. A chi ha un amico o un parente malato, per poter entrare, se pure in minima parte nei suoi panni. Ed, infine, lo consiglio a chi, non potendo cambiare il suo destino, vuole comunque lottare per i suoi sentimenti. Perché, come ci viene detto alla fine del libro:
Non puoi scegliere di essere ferito in questo mondo, vecchio mio, ma hai qualche possibilità di scegliere da chi farti ferire.

lunedì 21 luglio 2014

Notturlabio, previsioni dall'ombra

"I pensieri fanno capolino
agli angoli di un discorso interrotto.
Sono rane che saltano fuori 
da pozzanghere roventi, a volte. E fuggono via." (I pensieri)


      Non ho trovato parole più appropriate per iniziare il discorso di quelle di Simonetta Longo, poetessa emergente che ha pubblicato, da pochi mesi, la sua prima raccolta di poesie, intitolata Notturlabio, previsioni dall'ombra.
Perché sì, le sue poesie hanno la forza di catapultare il lettore nel mondo dell'ombra, del mistero, lasciandolo spesso intrappolato come Teseo, sperduto nel labirinto del Minotauro, aggrappato al filo di Arianna che lei srotolerà sapientemente per lui, guidandolo tra i miti greci. Oppure lo trasporterà, come il fiume trascinò Ofelia, conducendolo verso la drammatica attualità dello Tsunami giapponese.


"...così che si amino almeno le ombre
oltre i confini delle nostre scorze
di condannati nel tempo
al termine di questo cammino d'Amore
d'improvviso scorgeremo
quella bellezza stupenda di natura
che non diviene e non perisce
non cresce e non scema..." (Il convito, Simposio 201D-212C)


     La raccolta è divisa in sei sezioni, una per ogni senso (vista, olfatto, udito, gusto, tatto) più il quinto senso e mezzo, citazione per gli amanti di Dylan Dog, di cui lei è una grande fan.

La particolarità di questa raccolta, che non ho riscontrato in altre, è la capacità di unire tutte le arti attraverso il comune denominatore che è la poesia.
La poetessa ci indicherà, di volta in volta, le opere d'arte, le musiche e gli eventi storici che le ispirarono quella determinata poesia, dandoci la possibilità di osservare con nuovi occhi i quadri già visti e di ascoltare con rinnovato interesse determinate musiche. Facendo capire a noi lettori, che la poesia è racchiusa nelle piccole e nelle grandi cose con cui, ogni giorno, veniamo a contatto.
Per chi è interessato lascio qui anche il sito di Simonetta in cui potrete recarvi per carpire, in parte, la sensibilità della sua anima: http://www.simonettalongo.it/. Vi consiglio in particolare di visitare la sezione "Tavole delle ecfrasi" dove potrete ammirare i quadri che hanno ispirato alcune poesie.
Per intenderci, per ecfrasi si intende la descrizione di luoghi e di opere d’arte fatta con stile virtuosisticamente elaborato in modo da gareggiare in forza espressiva con la cosa stessa descritta (definizione dal Treccani). 


      La raccolta inizierà con la poesia che le dà anche il titolo "Notturlabio" e finirà con "Notturno", dandoci l'idea di una ciclicità della notte che ispira e racchiude tutti i sensi.


    Ho particolarmente adorato i temi misteriosi e oscuri delle poesie, che restano originali, senza mai cadere in banalità. Restando tuttavia di facile lettura e, grazie anche al supporto visivo e uditivo, permettono un viaggio completo nel mondo della poesia, nel mondo della nostra novella Arianna.


Finirò citando pochi versi di una delle poesie che più mi hanno colpito:
"...ditemi
quali sogni rubate
al discount dell'abitudine?
o quali caramelle d'oblio
assaporate
per addormentarvi i pensieri?
Non basta aver rinunciato alle stelle
per non avere chiodi
nelle mani
guardando l'abisso
non basta aver accartocciato il cuore
per non trovarsi
appesi a un povero legno
sorseggiando inquietudine..." (Il debito)

Simonetta Longo: Notturlabio. Previsioni dall’ombra
Puntoacapo Editrice. 2014 Pg. 124. € 13,00