venerdì 21 agosto 2015

IL TRONO DI SPADE, TRADUZIONE DISCUTIBILE parte 1

Nonostante i libri di George R.R. Martin siano usciti ormai da anni (pensate che il primo capitolo della saga "A game of Thrones" uscì nel 1996 e arrivò in Italia nel 1999) mi trovo spesso a dover discutere con persone che si stanno avvicinando a questa saga, della bontà della traduzione italiana.
In questo articolo non vi parlerò della trama ma vi metterò al corrente delle scelte, che io non condivido, del traduttore Sergio Altieri.
Non ho intenzione di puntare il dito contro Altieri, in quanto credo gli sia stato dato un lavoro che semplicemente non faceva al caso suo, ossia tradurre.
Per quanto riguarda l'Altieri scrittore invece non ho nulla da obiettare, se vi capita date un'occhiata ai libri da lui scritti.
Ma torniamo all'argomento principale di questo articolo, la traduzione e, se avete anche voi il primo libro della saga apritelo e scoprite assieme a me le differenze con il romanzo originale. Tra parentesi tonde vi ripoterò una mia traduzione sommaria per rendere l'idea della differenza anche a chi non ha molta dimestichezza con l'inglese.

PROLOGO:

Trad. italiana: "La foresta piena d'ombre rimandò echi della voce di ser Waymar. Troppi echi, troppo forti e definiti."
Martin diceva semplicemente: His voice echoed, too loud in the twilit forest. (La sua voce echeggiò, troppo forte nella foresta crepuscolare).

Poco dopo inizia a descrivere l'abbigliamento di Waymar Royce e ci sono delle imprecisioni e ancora aggiunte alle frasi.

Trad. italiana: "Il tocco finale, il mantello, era la degna corona dell'intero addobbo: pelliccia d'ermellino nero, spessa e soffice come un peccato di lussuria." quando nell'originale diceva più semplicemente "His cloak was his crowning glory; sable, thick and black and soft as sin." (Il suo mantello era il suo pezzo forte; di pelliccia, folto, nero e morbido come il peccato). Chi ha parlato di peccato di lussuria?

Poco dopo ci racconta di come Will sia stato cacciatore prima di entrare nei Guardiani della notte.
Trad. italiana: "Le guardie a cavallo di lord Jason Mallister l'avevano colto nei boschi padronali attorno a Seagard mentre, con le mani insanguinate, scuoiava un cerbiatto, anche quello di Mallister."
L'originale: "Mallister freeriders had caught him red-handed in the Mallisters’ own woods, skinning one of the Mallisters’ own bucks, and it had been a choice of putting on the black or losing a hand."
(Gli scagnozzi di Mallister lo catturarono con le mani sporche di sangue nella foresta di proprietà di Mallister, mentre spellava uno dei cervi di proprietà di Mallister e scelse tra indossare il nero o perdere una mano.)
Io mi chiedo ma la storia dei "boschi padronali attorno a Seagard" da dove l'avrà tirato fuori? E il cerbiatto? Senza contare che "freeriders" è slang americano e tra i suoi significati non c'è "guardie a cavallo".

Trad. italiana: "Nessuno può giacere immobile nella neve così a lungo. Nessuno che sia ancora in vita."
Martin fu molto più sintetico: "No living man ever lay so still." (Nessuno uomo vivente può giacere immobile così a lungo).

Qualche pagina dopo, Waymar chiede a Will di arrampicarsi su un albero per vedere cosa succede.
Trad. italiana: "Sotto di lui, la voce del giovane esclamò: <<Chi va là?>>. Una voce improvvisamente piena di incertezza nel dare l'intimidazione.

L'originale suonava così: "Down below, the lordling called out suddenly, “Who goes there?” Will heard uncertainty in the challenge." (Sotto, l'immaturo signore disse improvvisamente, <<Chi va là?>>. Will sentì incertezza nelle parole di sfida.)

Poco dopo mentre Royce si accorge che qualcosa che non va.
Trad. italiana: "Sentire certo. Ma niente da vedere." dove Martin diceva solo: "There was nothing to see"(Non c'era niente da vedere)

E ancora,
Trad. italiana: "Un freddo improvviso, innaturale." Questa frase non c'era neanche nell'originale.

Trad. italiana: "Nessun metallo noto all'uomo era stato usato per forgiare quella lama. No, nessun metallo, infatti: la lama era di cristallo."
Martin diceva invece: "No human metal had gone into forging of that blade" (Nessun metallo umano era stato usato per forgiare quella lama).

E subito dopo,
Trad. italiana: "<<Vuoi danzare?>> Ser Royce affrontò l'avversario con coraggio. <<Allora danza con me.>>"
Martin diceva: "Ser Waymar met him bravely. <<Dance with me then.>>" (Ser Waymar lo affrontò coraggiosamente. <<Danza come me, allora.>>). Qui mi chiedo che bisogno c'era di scrivere quella frase all'inizio che non c'è nell'originale?

Due pagine dopo,
Trad. italiana: "Povero corpo non di un uomo ma di un ragazzo: adesso si vedeva bene."
Martin diceva: "Lying dead like, you saw how young he was. A boy." Qua non contesto la traduzione in sé, il senso è quello ma era per farvi capire di come stravolga le frasi.

Una cosa che voglio puntualizzare è che OGNI volta che Martin userà il cognome per chiamare un suo personaggio Altieri userà il nome e viceversa. Questa cosa mi ha sempre fatto sorridere.

Bene, con questo ho finito di elencarvi i punti più critici del prologo. E già solo in dodici pagine, di imprecisazioni o errori ce ne sono parecchi, dal mio punto di vista. Più di quanti se ne potrebbero tollerare.


sabato 1 agosto 2015

La rabbia e l'orgoglio, La forza della ragione

"In Italia difendere la propria cultura è diventato peccato mortale."

 Oriana Fallaci scrisse questo libro quasi di getto, accantonando un altro libro che stava scrivendo ormai da anni, seguendo l'istinto che le diceva di liberarsi dalla rabbia che si portava dentro da tempo e che, in seguito all'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 si era manifestata più ardente che mai.
Iniziò quindi la stesura di quello che doveva essere un articolo di giornale che ben presto si rivelò essere ben più lungo. Così, per renderlo pubblicabile lo accorciò brutalmente salvo poi renderlo disponibile in modo integrale a tutti con questo libro: “La rabbia e l'orgoglio”. Un titolo potente che già sembra urlarci contro appena lo si prende in mano.
Oriana lo definì, quando glielo chiesero, una predica agli italiani e, sebbene la predica arrivi solo nelle ultime pagine è di una lucidità e di una grinta che vi scuoterà dentro. 
 
La rabbia si sente. Urla dalla carta stampata come non mi era mai successo di vedere. Una scrittura lucida ma sbrigativa che ci fa capire l'impulso e la rabbia che deve avere provato lei mentre batteva i tasti sulla tastiera.
Oriana non ha parole buone per nessuno. Non farà la finta buonista, né la finta tollerante. Nella sua vita giornalistica di orrori ne vide molti e cercherà di renderci partecipi, rinunciando il più delle volte, come a voler dire che sarebbe troppo per noi riuscire a comprendere.
In molti la tacciarono di essere razzista ma lei da queste pagine si difende anche da quelle ridicole accuse, lasciandoci capire che non è contro una razza che lei urla ma contro il fondamentalismo di una religione totalmente estranea al nostro modo di vivere che, tramite i terroristi, sta cercando di imporsi, distruggendo la nostra storia e cultura.

 "L'Europa che sepolta nel torpore brucia come l'antica Troia ha rigenerato  la malattia che il secolo scorso rese fascisti anche gli italiani non fascisti, nazisti i tedeschi non nazisti, bolscevichi anche i russi non bolscevichi. E che ora rende traditori anche coloro che non vorrebberlo esserlo: la paura."

Nel libro uscito qualche anno dopo ossia, La forza della ragione, Oriana analizza in modo più approfondito la questione, portandoci esempi e dati ma sempre perorando la causa occidentale contro il fondamentalismo islamico e analizzando la religione musulmana che, mettendo Allah sopra qualsiasi cosa, anche sopra la legge vede nella separazione tra Chiesa e Stato una cosa innaturale.
Rimprovera anche i vari studiosi, politici e professori che di volta in volta si ergono a difesa della cultura islamica, volendola quasi portare ad essere un faro dell'umanità e offuscando la storia, la cultura e le scoperte in ambito scientifico e medico che invece hanno sempre contraddistinto l'Occidente.
Spiega anche che la religione musulmana non può essere considerata la Seconda Religione dello Stato, dato che lo Stato Italiano non può rappresentare gli immigrati musulmani e gli italiani convertiti, che sono davvero pochi.
Ci racconta anche della storia della piccola cittadina Colle Val d'Elsa, dove hanno rischiato che venisse costruito un minareto enorme, visibile anche a chilometri di distanza e che, solo all'ultimo si è riusciti ad evitare.
Questo e molto altro ci viene raccontato in questo libro che, come ho detto anche prima, è la versione più completa e meno vaneggiante del libro che la fece tanto odiare, ossia La rabbia e l'orgoglio.
 "Nei regimi dittatoriali o assolutisti, spiega Tocqueville, il dispotismo colpisce grossolonamente il corpo. Lo incatena, lo sevizia, lo sopprime con gli arresti e le torture(...).  E così facendo ignora l'anima che intatta può levarsi sulle carni martoriate, trasformare la vittima in eroe. Nei regimi interamente democratici, al contrario, il dispotismo ignora il corpo e si accanisce sull'anima(...). Alla vittima, infatti non dice: 'O la pensi come me o muori.'. Dice: 'Scegli. Sei libero di non pensare o di pensarla come me. E se non la penserai come me (...) sosterrò che sei un essere impuro, un pazzo o un delinquente.  Ti condannerò alla morte civile, ti renderò un fuorilegge, e la gente non ti ascolterà.' (...) Poi aggiunge [Tocqueville NdR] che nelle democrazie inanimate, nei regimi inertemente democratici, tutto si può dire fuorché la verità. (...)  Un'invisibile ma insormontabile barriera all'interno della quale  si può soltanto tacere o unirsi al coro."

Due libri che consiglio assolutamente di leggere. Non fermatevi a La rabbia e l'orgoglio anche se vi ha impressionati o scandalizzati. Provate a leggere anche l'altro libro, dove, come vi ho già detto Oriana cerca di analizzare la situazione in modo più distaccato, anche se il suo pensiero sarà una colonna portante.

E, visto che devo concludere questo articolo, mi sento di dire che, l'unico modo che abbiamo, nel nostro piccolo, per combattere il fondamentalismo islamico o qualsiasi forma di fondamentalismo ed evitare così che la nostra Cultura venga spazzata via, insieme alla nostra memoria storica è AMARE la nostra Cultura.

Non sono le invasioni degli immigrati, come vengono definite, a minacciare la nostra Cultura: siamo noi stessi a minacciarla. Quando ne parliamo male, quando non la studiamo perché è più bello e figo leggere libri stranieri. Quando, addirittura, roviniamo la nostra bellissima e invidiatissima lingua usando parole straniere, come cool, obviously, bookaholic (come si definiscono molti accaniti lettori italiani, che ironia!), midia (pronuncia inglesizzata della parola latina media).
Quindi, italiani, se vogliamo continuare a piangerci addosso e a pensare che l'Italia è un posto orribile, sappiate che non avremo futuro. Siamo già estinti.

Se invece, sentite dentro di voi la forza per voler combattere l'inedia e la sfiducia: aprite un libro italiano, leggete, studiate e portate la nostra cultura in tutto il mondo e non fate sì che il mondo vi porti tutti i suoi scarti facendovi pensare che siano più belli dei nostri tesori.



mercoledì 11 marzo 2015

Il giovane Holden

"Non faccio che ripetere «è stato un piacere» a gente con cui non è stato un piacere per niente. Ma se vuoi sopravvivere certa roba devi dirla."
  

La missione della casa editrice Einaudi di ritradurre i grandi classici, svecchiandoli, ormai credo sia nota a tutti. E, l'anno scorso arrivò il turno dell'opera più famosa di     J. D. Salinger "Il giovane Holden".
La nuova traduzione a cura di Matteo Colombo è, a mio parere, pienamente riuscita: la lettura è piacevole e scorrevole, senza mai risultare artificiale.  
Si possono creare discussioni infinite sulla necessità o meno di svecchiare le traduzioni ma, a mio avviso, la cosa più importante è che il messaggio che i libri portano con sé arrivi ai lettori e, quale modo migliore, se non facendoli parlare la loro lingua?


A puro scopo informativo vi mostrerò un paragrafo del romanzo, nella vecchia e nella nuova traduzione.

 
 "Io abito a New York, e pensavo al laghetto di Central Park, vicino a Central Park South. Chi sa se quando arrivavo a casa l'avrei trovato gelato, mi domandavo, e se era gelato, dove andavano le anitre? Chi sa dove andavano le anitre quando il laghetto era tutto gelato e col ghiaccio sopra. Chi sa se qualcuno andava a prenderle con un camion per portarle allo zoo o vattelappesca dove. O se volavano via."
trad. Adriana Motti 

"Io abito a New York, e stavo pensando al laghetto di Central Park, quello vicino a Central Park South. Chissà se arrivando a casa l'avrei trovato ghiacciato, e se sì, chissà dov'erano andate le anatre. Chissà dove andavano le anatre quando il lago gelava e si copriva di ghiaccio. Chissà se arrivava qualcuno in furgone che le caricava tutte quante per portarle in uno zoo o chissà dove. O se volavano via e basta."
trad. Matteo Colombo 
 

Da http://footage.framepool.com
Ovviamente la traduzione di Adriana Motti era perfetta per il suo tempo ma, in cinquant'anni la lingua italiana è mutata e, non si può negare, che la nuova traduzione renda la lettura più piacevole per noi.

Il titolo originario "The Catcher in the Rye", come ci informa la stessa Einaudi alla fine del romanzo, è intraducibile, ed il suo significato fa riferimento ad una canzone di Robert  Burns. Volendo tradurre il titolo, sarebbe una cosa del tipo "L'acchiappatore nella segale", quindi, la casa editrice decise di tenere il titolo con cui divenne famoso in Italia.

Dopo aver divagato sulla traduzione desidero parlarvi della storia del romanzo.

Holden Caulfield, il narratore in prima persona della storia, è un ragazzo di sedici anni che, come ci dirà lui fin dalle prime pagine, espulso dall'ennesimo college, dopo alcune vicissitudini e un giovanile colpo di testa, decide di lasciare l'istituto prima del termine ultimo, e di iniziare una sorta di vagabondaggio che durerà un solo finesettimana, ma che lo porterà a vivere diverse esperienze, per lo più negative e che, mostrerà a noi lettori, la sua fragile situazione mentale.

La trama in breve è questa ma, se pensate che sia tutto qui, vi sbagliate. Ho iniziato la lettura di questo romanzo credendolo per ragazzi e, forse, in parte è vero. Tuttavia credo, che solo una lettura adulta e consapevole possa rivelare le varie sfaccettature che l'autore voleva mostrare.
Holden è un ragazzo giovane, impulsivo, ossessivo, quasi folle.
Nel romanzo, nel corso del suo finesettimana girovago, tornerà spesso con il pensiero al fare una chiamata alla sua amica Jane. Che non sentiva da tempo ormai, e che gli era tornata in mente solo perché, prima di lasciare il college, Stradlater, il suo compagno di stanza, gli aveva fatto sapere che ci usciva assieme. Il bisogno di chiamarla si manifesta nelle ore più improbabili della notte ma anche durante il giorno, spezzando le sue azioni e dando sempre un senso di ossessività malata al suo desiderio. 
Questa e altre ripetizioni ossessive nel corso del romanzo, mostrano chiaramente come Holden soffra di qualche disturbo mentale, probabilmente dovuto alla morte del fratello Allie, che ci racconterà lui stesso, oppure semplicemente perché diverso dai suoi coetanei.
Ad un certo punto del romanzo c'è una bellissima descrizione di un attacco di panico:

"Ogni volta che arrivavo alla fine di un isolato e scendevo dallo stramaledetto marciapiede, avevo la sensazione che non sarei mai riuscito ad arrivare dall'altra parte. Pensavo che sarei sprofondato giù, giù. giù, e che nessuno mi avrebbe più rivisto."

Insomma, Holden è un ragazzo depresso che durante il corso della storia manifesterà diversi sintomi tipici degli attacchi di panico oltre che, probabilmente, di un vero e proprio disturbo.

Voglio precisare che il romanzo risulta, per lo stile di scrittura e per il modo di narrare di Holden simpatico e leggero. Spesso ho dovuto trattenere veri e propri attacchi di riso. Per questo, su un piano più superficiale, è sicuramente un romanzo per ragazzi. 

"Come fa uno a sapere quello che farà finché non lo fa? La risposta è: non lo sa. Io penso di saperlo, ma alla fin fine che ne so?"

In definitiva, credo sia uno di quei classici romanzi con un duplice piano di lettura, che lascia al lettore la possibilità di decidere fin dove addentrarsi. Anche se questo, è sicuramente influenzato dall'età del lettore stesso, e dal suo bagaglio di esperienze.

Ho trovato stimolanti le varie citazioni a film e romanzi, all'intero della storia, specialmente quelle relative a "Il grande Gatsby", titolo da me particolarmente amato.

Io l'ho trovato un romanzo piacevole, divertente, e per certi versi, come vi ho detto prima, inquietante. Sicuramente, lo consiglio a tutti. 
Vi lascio con una frase, che ha colpito il mio interesse, con cui Holden, dopo il vagabondaggio, descrive la sensazione di essere a casa:

"Ero sicuro di essere a casa. Nel nostro ingresso c'è un odore strano, che non somiglia a quello di nessun altro posto. Non so che diavolo sia. Non è che sa di cavolfiore, ma nemmeno profuma -non so proprio che diavolo è- però capisci subito che sei a casa."

Chi di voi lo ha letto? Cosa ne pensate? Fatemi sapere la vostra!


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martedì 17 febbraio 2015

Gerusalemme liberata

Canto l'arme pietose e 'l capitano 
che 'l gran Sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.

Questa è la prima ottava del I canto, con evidente richiamo al virgiliano "Arma virumque cano" dell'Eneide, come a garantire l'epicità del poema.
Tasso mirava ad un classicismo moderno e, innanzitutto, si preoccupò di strutturare il suo poema ricorrendo alla storia, ma creando finzioni verosimili. Tuttavia l'opera aveva anche un fine dilettevole e per raggiungerlo integrò la storia con il meraviglioso cristiano.
La prima crociata si rivelò per Tasso un tema particolarmente fecondo in quanto, fondeva motivi religiosi e bellici ed essendo anche distante temporalmente dalla sua contemporaneità, gli permetteva di aggiungere elementi verosimili e meravigliosi.

Il vero protagonista è l'esercito crociato ma, importante sarà anche il ruolo dei musulmani e, di conseguenza, delle forze del male che, insidiatesi a Gerusalemme li contrasteranno.
Il poema è strutturato sul principio centrifugo (allontanamento dalla città) e centripeto (verso la città), per azione di queste forze maligne. In quanto lo scontro si svolge su due fronti: su quello orizzontale, dove si scontrano i cristiani e i musulmani e su quello verticale, dove si scontrano le forze divine e quelle infernali.

In entrambi gli schieramenti, cristiani e musulmani, si distinguono alcuni personaggi ugualmente interessanti.


SCHIERAMENTO CRISTIANO

Godfrey of Bouillon del
Maestro del Castello della Manta
Goffredo di Buglione, realmente esistito, partecipò alla I crociata. Il personaggio è ispirato all'eroe Enea e in lui Tasso esprime il modello di unità che cerca di creare nel poema. Tuttavia il rigore di Goffredo è spesso minacciato dal dubbio e dalla difficoltà di tenere unito l'esercito.

Rinaldo, personaggio indispensabile per la buona riuscita dell'impresa, è un eroe impulsivo e valoroso che racchiude in sé le caratteristiche della tradizione cavalleresca.

Tancredi, è uno dei personaggi più malinconici in quanto vive un forte dramma interiore, diviso tra l'amore per Clorinda (guerriera musulmana) e il dovere verso l'esercito crociato.
Sarà anche il responsabile per la morte della donna amata, uccisa per un tragico errore.



SCHIERAMENTO PAGANO

Aladino, personaggio di invenzione, è di indole feroce che pur essendo ammansita dall'età si manifesterà facendogli spesso perdere il sangue freddo necessario per garantirsi la vittoria.

Argante, è in un certo senso la controparte pagana di Rinaldo, con la stessa indole impetuosa è anche intimamente invidioso di Solimano.

Solimano, uno dei cavalieri più potenti e feroci si rifugia presso la corte egizia dopo essere stato spodestato dal trono di Nicea dai cristiani. Ha arruolato degli arabi, divenendo così il comandante delle truppe. Il suo animo è sempre velato da una consapevolezza della fragilità del destino umano.

Clorinda, donna-guerriera che scoprirà in punto di morte la sua femminilità, dopo un'infanzia difficile.

Armida, maga che travia con la sua bellezza ed eroticità diversi cavalieri dell'esercito crociato. Si innamorerà di Rinaldo e, una volta abbandonata da lui, cercherà vendetta, ma una volta divenuta una donna remissiva lui accetterà di sposarla.

Erminia, innamorata segretamente di Tancredi, celerà i suoi sentimenti fino alla fine.

Le vicende del poema iniziano al sesto anno della crociata (Tasso allunga la crociata da tre a sei anni) quando Dio, scrutando nell'animo dei cavalieri, sceglie Goffredo come comandante dell'esercito che dovrà riprendersi Gerusalemme, in quanto la situazione stagnante non lo soddisfa.
Eletto capitano dai suoi stessi cavalieri, come annunciato dall'Arcangelo Gabriele, per volere divino, partirà in marcia verso Gerusalemme infervorando gli animi degli altri. Arrivati nei pressi della città inizieranno le loro vicissitudini, in quanto le forze infernali cercheranno di deviarli dal loro obiettivo. Interessante è che, anche nel capitolo con la battaglia più affascinante, quella che coinvolge Solimano incitato dalla furia Aletto (che si scontra con l'esercito cristiano in piena notte con il cielo sinistramente tinteggiato di rosso dai poteri demoniaci e con gli stessi demoni che, ad un certo punto, ricopriranno l'intera volta), lui non è imbrogliato dal potere demoniaco, che infatti non penetra nell'animo umano a meno che esso non sia già indebolito.

La selva incantata, nel canto tredicesimo è il risultato delle forze infernali insidiatesi all'interno della foresta di Saron, per impedire ai crociati di procurarsi la legna per costruire le macchine da guerra.

dark forest di VityaR83 deviantart

Benché non esattamente a metà poema, questo canto è il punto di svolta della storia.
 «La foresta atterisce e ricaccia i viandanti poiché le sue piante sono possedute da una potenza demoniaca, ma diventa realtà tangibile, non scenario immobile, bensì paesaggio vivo e drammatico, solo attraverso le ombre, le allucinazioni, i terrori onirici di quanti la percorrono e vi scorgono la propria storia individuale rispecchiata nei fantasmi labili e struggenti dell'incoscio.» (E. Raimondi, Tasso o la coscienza lacerata, in Da Dante a Tasso)
I crociati che cercano di penetrare nella foresta sono diversi e, seppur sempre più in profondità nella selva, tutti falliscono. Una prima volta, gli artigiani fuggono spaventati già solo alla vista delle ombre degli alberi, ossia il primo ostacolo. Poi Alcastro, uno dei crociati più valorosi riesce ad avvicinarsi alla foresta rimanendo però bloccato dal secondo ostacolo: un muro di fiamme, che costituisce una sorta di città infuocata. Tancredi , riesce a superare la città infuocata ma, al terzo ostacolo, viene sconfitto dal suo dolore che gli fa vedere in un cipresso, Clorinda, la donna amata appena uccisa dalla sua spada. 
Il reiterato fallimento nel penetrare nella selva da parte dei crociati richiede il ritorno di Rinaldo, in quanto unico in grando di farlo. Il suo personaggio è un elemento chiave per la risoluzione del conflitto ed è da colui il quale, secondo Tasso, discende la dinastia Estense, secondo usanza classica, così come Virgilio aveva fatto discendere Ottaviano Augusto da Enea, che a sua volta discendeva dalla dea Venere.

Se siete interessanti alla trama per intero, se pur spiegata in modo sbrigativo, vi rimando al mio video in cui ne parlo: 



Ho affrontato questa avventura nel "picciol mondo" della Gerusalemme Liberata, un po' come i personaggi hanno affrontato la selva incantata. Dapprima fuggendo a gambe levate solo vedendo la mole della lettura, come loro sono fuggiti dalle ombre degli alberi. Poi una volta superato il primo ostacolo mi sono spaventata dello stile di scrittura e della lingua non esattamente semplice, così come Alcastro è fuggito dalla città infuocata. Ed infine, prima di innamorarmi completamente e totalmente di quest'opera, mi sono disperata credendo di non riuscire a mettere assieme tutte le informazioni che questo poema porta con sé (avendo l'esame di letteratura italiana che opprimeva il mio cuore), così come Tancredi si era sciolto in lacrime davanti al cipresso.

Questo vi posso dire: non è una lettura semplice ma, credetemi, una volta aperto questo capolavoro, non potrete più tornare indietro.

Chi di voi è così valoroso ed intrepido da aver affrontato questa lettura o di averne l'intenzione? Ditemi i vostri pareri!

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